
L’intervista con Gaia mi ha riportato alla memoria un’esperienza indimenticabile che ho vissuto con lei quando ero piccola. Verso i 10 anni frequentavo un maneggio per praticare lezioni di equitazione e la titolare ci propose di partecipare ad uno stage estivo nel mese di luglio, durante le vacanze. Lo stage si articolava in una settimana da trascorrere insieme ad altre ragazze, all’interno della struttura. Ricordo la reazione di mia madre che inizialmente fu di entusiasmo, ma dopo qualche minuto di riflessione, fu di ansia e preoccupazione legate al fatto di dovermi lasciare una settimana da sola, a dormire fuori casa. La mia fu solo di entusiasmo, di felicità, l’idea di trascorrere un’intera settimana, da sola insieme con i miei cavalli nella natura mi riempiva di gioia e non volevo rinunciarci per le fisime e i timori di mia madre. Per questo quando mamma mi propose di dormire a casa e di accompagnarmi giorno per giorno al maneggio, con tutte le mie forze cercai di convincerla, rassicurandola che l’ambiente era tranquillo, che poteva venire a controllare, a vedermi e che non ci sarebbe stato nessuno pericolo. La mia determinazione fu convincente, mamma si arrese e convinse perfino il mio babbo a lasciarmi andare. Così arrivò la vigilia dell’inizio del mio stage: la sera prima ricordo la forte emozione del preparare la valigia, ero felice e soprattutto e incuriosita dalla nuova esperienza. Nella valigia misi le cose essenziali, cap, corpetto, dentifricio, pigiamino, stivali, ghette, pantaloni tutto le cose che mi sarebbero servite per la settimana. Dormii poco, non riuscii a dormire, non vedevo l’ora di essere lì. Finalmente la mattina seguente, mamma mi accompagnò al maneggio dove mi salutò, lasciandomi con un po’ di timore con le altre bimbe che avrebbero trascorso con me tutta la settimana.
Finalmente sola, il mio sogno si era avverato. Riaffiorano alla memoria, ricordi indelebili per me fantastici. Ricordo che la mattina, mi alzavo e facevo la fila con le mie amiche per il bagno del bungalow dove dormivamo. Era una specie di stanzina fatta di letti a castello; nel più alto non voleva dormire nemmeno la più coraggiosa perché essendo in un maneggio era pieno di ragni e avevamo paura che si calassero la notte. Ci mettevamo una maglietta e i pantaloncini per andare a fare colazione tutte insieme con l’insegnante e gli altri proprietari del maneggio. Mentre ci raccontavamo tutti i trascorsi della giornata precedente e ci lamentavamo dei cavalli che volevamo montare, sparecchiavamo. Dopo, in preda alla contentezza correvamo nei bungalow che erano due da 4 persone per vestirsi con l’abbigliamento tecnico e mettersi le scarpe per lanciarsi verso scuderie. Lo facevamo dopo solamente perché a luglio fa veramente caldo.
Le cose da fare in un maneggio erano veramente tante: appena arrivate alle scuderie ognuna andava a prendere il suo cavallo, dall’insegnante assegnato, per portarlo nelle “poste”, una sorta di struttura che serviva a bloccare il cavallo per effettuare uno stallo momentaneo e tutte le operazioni di pulizia, sellaggio, dissellaggio. Quando inserivi il cavallo nella posta, dovevi mettergli dietro un bastone di legno in orizzontale per evitare che lui stufandosi si allontanasse. Le poste erano tante, tutte una vicina all’altra e tra un cavallo e un altro c’era uno scalino, dove ogni cavaliere poteva salire per prendersi cura del suo cavallo. E per noi essendo piccole e basse, quello scalino era molto utile. Quindi arrivate la, prendevamo le selle adatte, le testiere giuste per ogni cavallo e se non lo fossero state, avremmo dovuto regolarle. Finito di sistemare il cavallo, lo accompagnavamo fuori dalle poste nel recinto dove facevamo lezione. Un recinto grande, bello pieno di verde, con all’interno un tondino per coloro che erano alle prime armi. Salivamo a cavallo e l’insegnante qualche volta ci sgridava per il troppo chiacchiericcio. Insomma oltre all’equitazione, ci insegnavano anche un po’ di disciplina. La lezione durava un’ora e mezza circa dove sperimentavamo ogni tipo di andatura, passo, trotto, galoppo e verso la fine dello stage chi ne era in grado anche qualche accenno di salto ad ostacoli. Qualche volta durante questa lezione facevamo un po’ di volteggio, che a noi tutte faceva paura. Praticamente il volteggio consisteva nel sedersi solo con il sotto sella sul cavallo, legato solo con una lunghina dall’insegnante e ovviamente senza scarpe. Per trovare il nostro baricentro, il nostro equilibrio svolgevamo esercizi di trotto seduto quasi direttamente sulla schiena del cavallo e facevamo delle figure come per esempio la bandiera, lo stare in piedi mentre il cavallo cammina, fare il giro del cavallo di 360° mentre lui trotta etc etc… Insomma un lavoro faticoso, che spaventava, ma che era molto divertente.
Il compito che ci aspettava dopo, era quello di riporre i cavalli nelle poste e ricompensarli ovviamente chi voleva con zuccherini, mele o carote. Questa era la parte che mi piaceva di più perché ridevi, stanca, sfinita ma soddisfatta. Il momento di svago dove noi tutte eravamo spensierate e ci riposavamo era il pranzo, dove apparecchiavamo e sparecchiavamo, dove ognuno aveva il suo bicchierino colorato con scritto il proprio nome e le 2 ore successive di spiaggia e di mare che era di fronte al maneggio. Con i nostri zainetti e tutte saltellanti, attraversavamo la strada con l’insegnante e l’assistente e arrivati sulla spiaggia, posati gli asciugamani e correvamo in acqua con la palla. Ma non come farei ora, ma con quella contentezza e spontaneità che non ti fa importare dei capelli, del freddo, della digestione che i grandi ogni tanto ci ricordavano. A metà giornata eravamo sfinite, ma nonostante questo momento di svago e divertimento ci piacesse, non aspettavamo altro che tornare là, in quella “casa” dove tutto era perfetto e dove le responsabilità e il dovere di stare attenti di prendersi cura dei cavalli non pesava. Una volta rientrate, ci facevamo la doccia e sistemavano i cavalli, pulendo sia il mantello che gli zoccoli e sellandoli per la lezione del tardo pomeriggio dei turisti. E che dire, a noi bimbe dispiaceva e scocciava “prestare” i nostri cavalli a quelle persone che venivano una volta d’estate perché avevamo paura che li trattassero male, tirassero troppo le redini e con manovre poco corrette.
Ma non potevamo che accertarlo e nonostante ciò loro tornavano a noi dopo, che cavalcavamo e montavamo fino alle 20.40 circa di sera. Dopo aver effettuato tutte le pratiche di routine per la cura del nostro fedele compagno, ci avviavamo in sua compagnia verso i recinti, paddock o box addentrandoci nei posti del maneggio più nascosti, più belli che chi non frequenta solitamente il maneggio non conosce. Mentre camminavamo affianco, ognuna con il proprio cavallo chiacchieravamo e a volte ci distraevamo un po’ disattendendo gli insegnamenti dell’istruttrice. Giunti a destinazione, salutavamo il nostro amico con la consapevolezza di rivederlo il giorno. Ma non era finita qui la giornata perché nella strada di ritorno passavamo di recinto in recinto per salutare tutti i cavalli che ci osservavano e fargli le carezze. Dopo cenavamo e poi rimanevamo a chiacchierare su come era andata la giornata fino a che le zanzare non ci rendevano impossibile il nostro “salotto”. Infine, ci ritiravamo nel bungalow e continuavamo a chiacchierare e a ridere, scherzando fino a quanto in preda alla stanchezza, chiudevamo gli occhi senza accorgersene, ma tranquille e speranzose di trascorrere il giorno dopo una giornata bella e migliore di quella precedente.
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