
Fin da sempre, il cavallo è stato d’aiuto all’uomo: prima come fedele compagno in guerra, nella caccia, nel lavoro e negli spostamenti, adesso nello sport e come mezzo di sostegno e supporto all’essere umano, proprio al livello di salute. Al giorno d’oggi, con l’evoluzione della società non si parla solo di equitazione come sport agonistico o meno in quanto il cavallo, come altri animali, ha assunto un ruolo fondamentale, diverso, di supporto e di ascolto grazie al quale è possibile parlare di “Equitazione Terapeutica” o “Ippoterapia”.
Quando nominiamo l’Equitazione terapeutica intendiamo l’insieme delle tecniche e metodi volti al raggiungimento del benessere psicofisico e fisico e di conseguenza al miglioramento dello stato di salute di alcune categorie di persone, bambini e adulti con menomazioni, ritardi nello sviluppo o che presentano le seguenti patologie: sindrome di down, spina bifida, paralisi celebrale. Le tecniche di aiuto si articolano in fasi e metodologie diverse a seconda dei diversi destinatari : il maternage ovvero il primo approccio, quello iniziale della persona diversamente abile che non riuscendo a stare in sella viene aiutata dall’istruttore, la rieducazione equestre cioè lo stadio più avanzato, la cui terapia può svilupparsi sia a terra sia in sella e il cui controllo dell’individuo è diretto e parzialmente autonomo, data la non-mediazione dell’istruttore, se il soggetto è in sella. Con la terza fase accenniamo all’Equitazione integrata che riguarda l’ambito ludico-motorio, creativo; fase che punta molto al raggiungimento di un’integrazione sociale tra normo dotati e persone con disabilità fisiche o neurologiche tramite lo sport e il cavallo. In questa fase il soggetto è sufficientemente autonomo da saper stare in sella fino alla possibilità di divertirsi in vere e proprie gare sportive per diversamente abili.
Perché si è scelto il cavallo?

Per le sue caratteristiche. Infatti, diversamente da altre terapie con altri animali (Pet Therapy), il cavallo è un animale maestoso, nobile, elegante, possente al quale solamente a guardarlo ti sorge spontaneo mostrare riverenza e nutrire soggezione, ma al contempo è anche un animale docile, paziente con una grande capacità di adattamento e di comprensione per chi mostra problemi psicologici e fisici. Grazie alla notevole intelligenza, il cavallo si rivela un animale valido dal quale trarre numerosi benefici e vantaggi. Tra questi troviamo:
- l’aumento dell’autostima per via della possibilità di cimentarsi in attività che gli erano state precedentemente precluse e nel quale possono riuscire
- l’assunzione di responsabilità grazie al trascorrere del tempo e al prendersi cura di animali così impegnativi
- lo sviluppo del senso di sicurezza grazie alla monta di questo fantastico animale e agli improvvisi cambi di situazione e di andatura
- stimolazione della memoria e della concentrazione grazie alla sequenzialità e alle ripetizioni degli atti motori
Un altro aspetto particolare che distingue l’equino dagli altri animali è il fatto di poter portare in sella, di poter farsi montare e quindi di instaurare un valido rapporto con i soggetti deboli fondato sull’empatia e sulla piena fiducia nell’altro, concessa inizialmente dall’osservazione tra i due e dalla percezione dei rispettivi odori. L’individuo con difficoltà, nell’approcciarsi al cavallo diventa un soggetto attivo che prova piacere nell’interagire con questa creatura portatrice di benessere e equilibrio fisico e mentale, cessando in tal modo di subire tutte le varie attenzioni e interessi mostrati da educatori, medici, familiari e maestre, a causa della sua condizione.
È quindi il cavallo, grazie al suo aspetto neutrale di un essere che se lo cerchi c’è, ma che al contrario se vuoi rimanere distaccato lui rispetta la tua decisione, che permette tutto questo: lo sviluppo dunque di un rapporto empatico-affettivo particolarmente necessario nei soggetti affetti da patologie come autismo e sindrome di down; bambini o adulti che siano, particolarmente distaccati ai quali dare fiducia e dai quali ricevere molto affetto. Questa attività riesce quindi ad avvicinare i diversi individui alla realtà sociale. Tramite la pratica all’aria aperta che stimola la sensorialità, i soggetti deboli acquisiscono abilità, competenze, modo di comportarsi che emergono chiaramente e naturalmente grazie al legame rassicurante con il cavallo e che possono essere traslati nelle situazioni del quotidiano.
Ritengo utile introdurre anche il concetto di danza empatica ovvero l’equilibrio che si instaura tra cavaliere/soggetto debole e cavallo nel muoversi insieme, come fossero una cosa unica. Si tratta del concetto di binomio di cui si parla in molti siti. Significa capire cosa domanda il cavallo, cosa chiedere al cavallo e anche come e in che momento chiedere, senza metterlo sulla difensiva. Si tratta quindi di un lavoro in sinergia che il paziente deve affrontare e grazie al quale deve sviluppare un’auto affermazione e un autocontrollo per frenare le angosce e le paure in quanto il cavallo rimanda le azioni di chi è in sella, riflettendo lo stato d’animo del soggetto.
Focalizzandosi di più sull’ Equitazione integrata, uno degli aspetti della riabilitazione equestre possiamo parlare del raggiungimento di un altro essenziale obiettivo: l’autonomia e l’autosufficienza, dato che il cavallo necessità di molte attenzioni, dedizione, amore, cure essendo una creatura maestosa, ma delicata. Oltre a questo mira alla realizzazione di pari opportunità, anche per coloro che sono affetti da patologie, all’inclusione, alla socializzazione e all’aggregazione. Creare quindi un contesto favorevole dove i bambini, gli adulti possono sperimentare, divertirsi, e auto affermarsi in un ambiente “protetto” e tranquillo.
Concludo affermando e testimoniando che andare a cavallo scatena veramente una miriade di riscaldanti e sincere emozioni come l’equilibrio, la libertà, il vento fra i capelli, il sentirsi importanti, riuscire in qualcosa. Ti rende abile, rende vero il “volere è potere”, se vuoi une cosa, alla fine riesci. Infatti il successo dell’Equitazione terapeutica è proprio questo; è dovuta al fatto che l’ambiente in cui si lavora non è quello ospedaliero, bensì è decontestualizzato e permette ai bambini di non sentirti malati, in cura, ma di sviluppare l’immaginazione e la fantasia, sentendosi quasi degli eroi riusciti nella loro difficile missione.
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